giovedì 19 aprile 2018

Intervista a John Grisham

John Grisham, il titano del legal thriller, lo scrittore che ha trasformato la figura dell’avvocato in qualcosa di shakespeariano, alla fiera Tempo di Libri di Milano 2018 racconta i suoi esordi, il segreto dei suoi romanzi di successo e parla della sua ultima fatica letteraria.


Sei stato avvocato per molti anni: quando hai deciso di voler diventare anche uno scrittore?
Un giorno ero in tribunale nella piccola cittadina dove vivevo e praticavo e ho sentito una storia, una storia che mi ha colpito moltissimo e ci ho pensato su così tanto da volerla mettere su carta e ne è nato il soggetto e poi il manoscritto di Tempo di uccidere. Che ho scritto in tre anni. E sicuramente ero catturato più dall’idea di scrivere che non da quella di essere uno scrittore. Una volta finito ho provato a inviare il manoscritto ad alcune case editrici o agenzie letterarie. E confesso che non erano neanche così famosi o prestigiosi, come editori o agenti. Sono stato rifiutato per diciassette volte! Fino a che ho trovato un piccolo editore che mi ha pubblicato ma non sono diventato famoso, né letto. Anzi è stato un flop. Il successo è arrivato molto dopo e quasi improvvisamente. Quando ho cominciato a essere apprezzato e conosciuto con i romanzi di maggiore successo allora anche i miei primi lavori pubblicati sono diventati dei cult e poi sono arrivate le riduzioni cinematografiche, i riconoscimenti e le traduzioni in 50 Paesi.

Ed è così che sei diventato Grisham, lo scrittore da 20 milioni di copie a libro?
Esattamente. Io non sono nato Grisham scrittore, lo sono diventato perché le storie vere di cui venivo a conoscenza tramite il mio lavoro di avvocato in una piccola cittadina del Mississippi mi affascinavano e mi coinvolgevano al punto tale da volerle mettere per iscritto e narrare. È grazie a questo che scrivo.

Molti autori finiscono con l’essere indissolubilmente legati ai personaggi che hanno inventato e di cui scrivono il più delle volte da anni. Tu che rapporto hai con i tuoi personaggi?
Non ho nessun rapporto. Per me ogni libro è diverso dal precedente così come ogni personaggio è diverso, non mi sento mai legato a loro. Inoltre, una volta fatto il lavoro noioso della rilettura e dell’editing del libro in corso me ne dimentico e gli faccio vivere una vita propria. Dopo tre o quattro mesi dalla pubblicazione addio alla vecchia storia e ai vecchi personaggi, mi concentro sulle nuove idee e sulle nuove cose che voglio scrivere. Alcune storie a volte mi restano dentro però e mi ci sento vicino, capita raramente, ma per i personaggi no, non mi sono sentito mai legato a nessuno di loro.

Qual è il segreto ‒ se c’è un segreto ‒ per scrivere bestseller da 20 milioni di copie?
Non ho segreti né formule ma ho una regola che rispetto sempre: la suspense. Quella deve continuamente esserci perché piace ai lettori e fa vendere. I personaggi devono essere amati dai lettori, i lettori devono volere loro bene e tifare per loro o al contrario ne devono avere paura, devono essere personaggi davvero potentemente negativi. Con questo tipo di costruzione tra reale e fantasia, il libro funziona. Almeno fino a ora ha funzionato.

Che cos’è la grande truffa di cui narra il tuo omonimo romanzo?
La grande truffa negli Usa è quella di studenti poco dotati o di poca volontà che non riescono ad accedere a facoltà prestigiose di università prestigiose e quindi pagano college minori che in cambio di rette altissime li accettano come frequentanti. E per fare questo quegli studenti si indebitano con le università per centinaia di migliaia di dollari pur di aspirare a un lavoro e una carriera che, di solito, non raggiungono affatto. Queste università sono piccole, poco conosciute, non prestigiose e non garantiscono nulla ai propri studenti se non un debito personale che li mette in ginocchio per il resto della loro vita. È la grande truffa americana delle università, qualcosa che non esiste fortunatamente in Italia dove chi ha i soldi per studiare studia e chi è bravo e si impegna viene in qualche modo agevolato dallo Stato. Negli Usa questo sistema del prestito agli studenti, che dura da decenni, invece è una vera e propria bolla speculativa che rischia di far saltare l’intero sistema molto presto. Il mio ultimo libro mette in luce proprio questo: una grande truffa sociale.